Non sono favorevole alla proposta di Bill Gates di introdurre una “tassa sui robot”. E suggerisco 4 alternative. Recentemente, la proposta di Bill Gates di prevedere una tassa per le aziende che utilizzano robot che sostituiscono lavori umani (tassa mirata a compensare il lavoro perso dalle persone) ha fatto molto discutere e sollevato un dibattito sulla tassazione e l’innovazione.
Robot nelle aziende: un tema senza regole
L’introduzione massiccia e sistematica di automazione laddove non pensavamo fosse possibile, è un tema vergine sul quale siamo un po’ tutti impreparati; salvo pochi visionari o letterati di fantascienza, nessuno (tanto meno i politici italiani che non eccellono in lungimiranza) ha mai pensato di inquadrare e regolare questo tema in un contesto economico sociale.
Nella proposizione di Gates, mi pare inevitabile collegare più in generale il tema dell’utilizzo dei robot in azienda al tema dell’introduzione di strumenti più evoluti e di modelli innovativi di società, di economia, di lavoro.
Quando WordPress ha “abolito” grafici e html-isti
Provo a esprimervi un esempio che mi pare pertinente su un tema che conosco abbastanza bene. Fino a cinque – sei anni fa per realizzare un sito web (era il mio lavoro principale) era necessario disporre del lavoro di un grafico, di un html-ista, di un programmatore PHP.
Con la creazione e affermazione di uno strumento gratuito come WordPress, ora posso sviluppare un sito in completa autonomia. Perchè il lavoro di grafico, htmlista e di programmatore PHP sono stati in gran parte automatizzati e sostituiti sostanzialmente gratis da WordPress.
Si è trattato di un enorme passo in avanti per la stragrande maggioranza delle esigenze commerciali e business della comunicazione digitale standard. I siti si sono standardizzati. Si realizzano più velocemente. Sono più potenti, più flessibili. Sono tutti responsivi. E costano un decimo (un sito con CMS appena complesso prodotto da quattro persone in una buona web agency costava almeno 20.000 €).
Grafici e html-isti sono mutati
Ma quindi sono spariti i lavori di grafico, html-ista e programmatore php? Assolutamente no. Sono cambiati, e si sono specializzati per tutti quelle occasioni in cui il sito si deve fare da zero, oppure quando si deve modificare qualcosa che non sia standard. Oppure si sono specializzati nel modificare la struttura WordPress e creare soluzioni custom.
Grafici, html-isti e programmatori PHP si sono orientati diversamente. Studiando e allargando le proprie capacità, in base a ciò che il mercato richiedeva. Certamente, chi non si è preparato e non si è evoluto, rimanendo ancorato al vecchio modo di fare siti web “a mani nude” ha sofferto, e sta tuttora soffrendo molto.
Bene, nessuno si è mai sognato di mettere una tassa su WordPress a causa della minaccia della perdita di lavoro di grafici e html-isti. E’ sembrato chiaro a tutti che si trattava di una evoluzione inarrestabile, con grandi ricadute positive, con cui fare inevitabilmente i conti nella propria attività.
Powerpoint killed the slide stars
Allo stesso modo (chi ha i capelli più grigi se lo ricorderà) la diffusione negli anni ’80 e ’90 di Microsoft Windows, Microsoft Office e del personal PC ha incredibilmente aumentato la produttività personale, e ha radicalmente modificato i classici lavori di segretariato, dattilografia, ragioneria, e quant’altro. Quelle attività si sono effettivamente ridotte fino a cancellarsi. Oppure a specializzarsi accogliendo la novità del digitale.
Ma nessuno si è mai sognato di mettere una tassa su Microsoft Word a favore della cassa dattilografi. Oppure su Microsoft Powerpoint per compensare le perdite delle fabbriche di lucidi da proiezione.
Tassiamo le buone idee?
Si è trattato di innovazione. Oggi spesso le chiamiamo soluzioni “disruptive”, cioè l’avvento di uno strumento o un processo innovativo che mette in crisi un intero settore portando altrove le preferenze e le abitudini delle persone, e generando consistenti variazioni ai modelli di business precedentemente in vigore.
Tassare un elemento di innovazione perchè mette in difficoltà lo status quo, a mio parere corrisponde a mirare di ingessare la situazione nella condizione attuale, cercando di rallentare l’innovazione a qualsiasi costo, a prescindere che sia una buona idea o meno. Significa più o meno “ti tasso perchè le cose devono restare come sono“. Mi pare inaccettabile come principio di riferimento.
A mio parere è una proposta che manca di lungimiranza. E’ contro il principio di impermanenza della cose. Le cose cambieranno, inevitabilmente e senza sosta. Cercare di fermarle, anzichè comprenderle e eventualmente indirizzarle, è vano e di ristrette vedute.
Certo, si può obiettare che stiamo parlando di robot e automazione, e non di un pacchetto software. I robot creano timori. Siamo in qualche modo spaventati da un dispositivo meccanico che sostituisce e svolge un lavoro meglio di quanto lo sappia fare un umano (poi passiamo otto-nove ore al giorno allo smartphone affidandogli la nostra vita, ma questo non ci preoccupa minimamente). Ma sempre a mio parere si tratta di una opportunità straordinaria che ci viene incontro. Tassarla per rallentarla o ostacolarla non mi sembra sensato.
Dove agire per ridurre ogni timore
Ecco 4 alternative che a mio parere potrebbero avere molta più efficacia e favorire la crescita complessiva. Mi rivolgo principalmente ai politici, che hanno la responsabilità di fissare scelte e visioni di medio e lungo periodo, e agli insegnanti, che hanno la responsabilità di formare le capacità critiche e di scelta dei più giovani.
Politici e insegnanti sono già pagati per svolgere il proprio lavoro. e dovrebbero semplicemente orientare diversamente le proprie azioni, senza necessità di nuove tasse o di miliardi di quattrini per fare quanto segue:
1) Cambiare lavoro non dovrebbe essere più un problema
Meglio di una tassa sui robot sarebbe prevedere delle politiche serie e lungimiranti che favoriscano i lavoratori a cambiare con regolarità anche radicalmente la propria attività, e a investire in formazione e perfezionamento professionale.
2) Inserire a scuola e in città e al lavoro la cultura del cambiamento
Meglio di una tassa sui robot sarebbe evolvere i messaggi da comunicare nella scuola e nella società alle generazioni piu giovani, per incoraggiarli a pensarsi in chiave di continua evoluzione e cambiamento. Ovvero, raccontare più spesso ai giovani e agli adulti che fare la stessa cosa per dieci – venti anni sarà sempre più raro, e anche un po’ strano. E anche un po’ noioso e poco divertente.
3) Il cambiamento non è un cataclisma da combattere
Meglio di una tassa sui robot sarebbe, insomma, abituare i più giovani a cambiare, a evolversi, a studiare, e a percepire il cambiamento come un fattore perenne e rinvigorente nella propria attività lavorativa e sociale, e non come un cataclisma da combattere ad ogni costo.
4) Regole per cambiare le regole
Meglio di una tassa sui robot sarebbe, infine, prevedere delle politiche serie e lungimiranti che favoriscano e incoraggino chi sceglie di innovare e scuotere le regole. Meglio sarebbe, insomma, creare il contesto fertile per accogliere il cambiamento, e non per congelare il più a lungo possibile lo status quo.
No a un mondo ingessato
Certamente questo corrisponde a scuotere un mondo ingessato di privilegi e equilibri che oggi, soprattutto nel nostro paese, sembra essere la difficoltà più complessa da superare. Basti pensare alle recenti proteste nostrane dei taxisti ostili all’innovazione di Uber, e alla resistenza personale e corporativa contro la nascita di nuovi modelli di business disruptive e potenzialmente fortemente evolutivi.
Ecco perchè mi ha sorpreso molto l’idea di Bill Gates. Si tratta di una proposta che mi pare fortemente conservatrice, perfino regressiva, espressa sorprendentemente da uno dei massimi protagonisti dell’evoluzione della rivoluzione digitale di fine novecento.
Ditemi anche voi che ne pensate.
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Alberto Pozzi, Web Manager, progetta e sviluppa soluzioni web e progetti digitali per aziende. Si occupa di strategia digitale, web project management, siti responsivi, social media, progetti SEO, eCommerce, content management.